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Pescara. La storia di Lucia e del suo cane guida

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Ecco i protagonisti della vicenda

Dipendente Asl non vedente e il suo cane guida, una storia raccontata da Gabriele Bettoschi, delegato tutela animali - associazione Codici Abruzzo

 

Lucia Di Mascio è stata assunta nel 2011 dalla Asl di Pescara, con il ruolo di centralinista, prima

destinazione il centralino dell'Ospedale di Popoli, fino al 2013. Già durante questo periodo la

presenza del suo cane guida è stata causa di problemi e difficoltà integrative perché i colleghi mal

tolleravano la presenza del cane nei locali condivisi, situazione che è stata risolta con una

sistemazione isolata dell'operatrice, ovvero in un ufficio dove, poiché da sola, poteva tenere il suo

cane con sé.

A partire dal 2014, Lucia è stata trasferita nella sede di Pescara per avvicinarsi alla sua residenza

abitativa, ma anche nella sede di Pescara la presenza del cane ha generato problemi di

intolleranza da parte degli altri colleghi che lamentavano il patimento di presunti odori sgradevoli

emanati dal cane guida oltreché l'esposizione a possibili malattie contagiose visto che una

prevalente quota degli operatori del centralino è portatore di disabilità.

Ancora una volta la Asl ha tamponato la situazione collocando Lucia in una stanza separata dove

poteva tenere con sé il cane.

A causa di problematiche strutturali, il 1 settembre Lucia ha dovuto abbandonare la sua sede

operativa per essere ricollocata nel centralino con tutti gli altri operatori dove purtroppo il personale

ha dato subito segni di intolleranza per la presenza del cane di "grossa taglia" lamentandosi

ancora una volta dell'intollerabile odore emanato dal cane che, tra l'altro, era costretto a stanziare

sotto il tavolo dell'operatrice per tutto il turno lavorativo senza alcuna osservanza della tutela del

suo benessere.

Il 7 settembre Lucia è stata lasciata da sola durante il turno lavorativo perché i colleghi hanno

abbandonato l’ufficio a causa delle intollerabili condizioni ambientali generate, a loro avviso, dalla

presenza del cane. Lucia ha dovuto, con grande difficoltà, rispondere da sola alle innumerevoli

telefonate, visto che l'Azienda non dispone di un sistema operativo "voip" che supporta l'operatrice

con messaggi vocali.

La condizione dei lavoratori non vedenti alla Asl di Pescara

La non corretta gestione delle risorse umane ed economiche, da parte della Direzione

Amministrativa Asl di Pescara, è confermata dal fatto che gli operatori non vedenti in servizio al

centralino lavorano supportati da elenchi telefonici in braille gestiti in modalità esclusivamente

manuale. Ciò richiede la presenza di un altro operatore a supporto soprattutto nell'elaborazione

dei numeri telefonici del personale reperibile. Quindi, ben due persone dedicate (e pagate) per

svolgere un servizio che potrebbe essere svolto solo da una persona, se la Asl si dotasse di un

non costoso specifico software. Se lo facesse, renderebbe meno umiliante il lavoro del non

vedente, si potrebbe utilizzare in maniera più opportuna il secondo dipendente di supporto con

notevole risparmio economico.

La Asl di Pescara elude i compiti d’ispezione e vigilanza nei propri uffici

E’ sorprendente che la vicenda sia accaduta proprio alla Asl, i cui uffici hanno anche

compiti di prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di vita e di lavoro e che esplicano funzioni

di ispezione e vigilanza.

In questa vicenda, sembra che la Asl di Pescara dimentichi che, in quanto datore di lavoro,

deve rispettare tutti quei provvedimenti normativi nazionali e comunitari che garantiscono al

disabile un inserimento lavorativo rispettoso dei principi di uguaglianza e di pari opportunità.

Regione latitante

La mancanza in Abruzzo di iniziative concrete da parte della Regione che favoriscano un corretto

rapporto uomo animali è probabilmente la causa principale di una diffusa ignoranza sul diritto di

accesso e di movimentazione dei cani guida per non vedenti, che spesso degenera

in atteggiamenti aggressivi, basati su sciocchi preconcetti, relativi per esempio alla presunta

“pericolosità comportamentale e sanitaria” di un cane guida, o in atteggiamenti che mettono in

seria difficoltà la persona non vedente la quale si ritrova spesso emarginata.

Basterebbe: 1) far conoscere una semplice regola: «Il cieco con il cane guida può entrare in tutti i

luoghi aperti al pubblico», che è l’articolo unico della Legge 37 del 1974, aggiornata

dalla Legge 60 del 2006, che ammette e regolamenta anche l’accesso del cane guida sui mezzi di

trasporto pubblico; 2) sensibilizzare l’opinione pubblica sull’accettazione di questo importante

amico a quattro zampe, che per i non vedenti è un imprescindibile strumento di autonomia e di

mobilità.

Il cane guida rappresenta gli “occhi” del non vedente e, quindi, non dev’essere allontanato dalla

persona con disabilità visiva che accompagna. Esso non solo è addestrato a “fare il cane-guida” –

cioè caratterizzato da un’indole tranquilla, appositamente selezionata per essere ulteriormente di

supporto al successivo addestramento - ma anche a non sporcare. Infine, in qualità di “cane da

lavoro”, non dev’essere disturbato/aggredito. Non a caso, l’Ordinanza del Ministero della Salute del

6 agosto 2013, all’articolo 5, ha espressamente escluso l’uso della museruola e del guinzaglio «ai

cani addestrati a sostegno delle persone diversamente abili».

A conferma della totale disattenzione per il mondo animale, in generale, la Giunta regionale

da ben due anni continua a disattendere l’obbligo che ha di dare attuazione all’art. 20 della

L.R.47/2013, che prevede l’accesso di animali al seguito del proprietario o detentore nelle

strutture ospedaliere pubbliche e private.

Tale disattenzione è confermata anche dal fatto che il competente assessore in materia animali,

Silvio Paolucci, poi, non ha ancora ritenuto di rispondere ai comunicati e alla specifica richiesta

d’incontro sulle forti inadempienze del servizio veterinario Asl di Pescara in materia di randagismo

e benessere animale, così, come sembra sordo anche il Direttore generale Armando Mancini.

Il gap culturale

In ogni caso, tra la normativa approvata e la vita sociale rimane un grande divario, è ancora diffuso

il pregiudizio sulla impossibile convivenza negli stessi spazi di uomini e animali, una sorta

apartheid interspecifica, sostenuta da pretestuosi problemi igienico sanitari e timori d’aggressione.

Anche dei neri, un tempo non troppo lontano, quando il pregiudizio era intraspecifico, si diceva che

puzzavano, per trovare un’altra giustificazione alla loro esclusione dalla vita sociale dei bianchi.

Così come il razzismo, anche la zoofobia va disapprovata pubblicamente e il rispetto per gli

animali preteso, difeso, sostenuto con specifiche opere di educazione e vanno denunciate con

forza le inadempienze delle istituzioni, in questo caso della Asl di Pescara e della Regione

Abruzzo.”

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