
della Dr.ssa Carolina Pierfelice.
A chi pensa “ Tanto che vado a raccontare i fatti miei allo psicologo, lui che mi può fare?” dico proprio questo: il fatto stesso di fermarti ed essere “costretto” ad ascoltarti è il primo passo
Ancora vivi nel cuore e nella mente di tutti, gli eventi dell'Hotel Rigopiano, come tutti quegli accadimenti, a volte tragici a volte felici, per fortuna, hanno avuto il potere di risvegliarci dal torpore dell’inconsapevolezza, quel torpore che ci impedisce di vivere al meglio, facendoci credere che tutto rimarrà sempre uguale, che le cose belle si possono fare anche domani.
E così allo sbigottimento, all'angoscia e all'ambascia per la sofferenza di chi è stato colpito direttamente, si aggiunge quel sapore amaro delle cose perdute. E quel rammarico che ci fa da monito a vivere il presente godendo di tutto quello che ci offre, nella consapevolezza che tutto può finire da un momento all'altro.
Consapevolezza, sì, la chiave di volta.
Consapevolezza intesa come smantellamento di tutti gli automatismi che fanno diventare ogni cosa scontata, che ci fanno andare avanti per abitudine, facendoci dare per scontato tutto, facendoci perdere il gusto delle cose, facendoci perdere la capacità di apprezzare e godere di tutto ciò che abbiamo ed è, nel qui e ora, alla nostra portata, per proiettarci verso ciò che non abbiamo e che riteniamo possa, in un imprecisato futuro, farci felici.
Ma consapevolezza è, innanzitutto, ascolto. Ascolto di se stessi, in primis.
E l’ascolto è un’arte che non ci appartiene più, un’arte che il vorticoso andare imposto dalla società odierna e accolto dall’uomo moderno, non esiste più, un’arte dimenticata, un’arte della cui importanza dobbiamo tornare ad essere consapevoli.
E perché ciò accada è necessario fermarsi, fare silenzio fuori e dentro di sé per accogliere ed accogliersi.
Da psicoterapeuta posso toccare quotidianamente questa fatica. Chi viene per qualsiasi motivo a chiedere aiuto (e il fatto stesso che venga già dice che è un illuminato, vista la fatica grande che si fa a chiedere aiuto) fa una grande difficoltà ad ascoltarsi, a puntare i riflettori sul suo animo per fare luce. Così il lavoro più grande per me è non solo ascoltare, ma aiutare l’altro ad ascoltarsi; e la gioia più grande è vedere che questo esercizio di ascolto porta alla consapevolezza e, dunque, all’apertura verso la soluzione dei problemi.
A chi pensa “ Tanto che vado a raccontare i fatti miei allo psicologo, lui che mi può fare?” dico proprio questo: il fatto stesso di fermarti ed essere “costretto” ad ascoltarti è il primo passo, e un esperto può guidare le tue soste e le tue ripartenze, accogliere le tue impasse e accompagnarti nella ricerca di una strada alternativa per proseguire il tuo viaggio con maggiore consapevolezza.
Una consapevolezza che sarà, dunque, uno stato di veglia in ogni cosa che facciamo, non un risveglio scomposto e forzato determinato solo da eventi catastrofici come quello di Rigopiano o foss’anche da momenti bellissimi, che però sono rari.
Un essere vivi nel qui ed ora che ci permetterà di vivere con gioia, di godere appieno dell’unico tempo che è veramente vero, cioè il presente, di mettere energia in ciò che facciamo e, così facendo, di creare i presupposti perché il futuro, che diventerà a sua volta presente, sia il risultato di scelte fatte con tutto il nostro essere, non la mera conseguenza di azioni fatte per caso, per routine.
E così quel futuro che ci sforziamo tanto di pianificare spesso senza tener conto di ciò che veramente sentiamo e vogliamo, se ci saremo ascoltati, sarà davvero il futuro che abbiamo scelto e voluto e , unicamente per questo, avrà in sé il germe della felicità.
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