
Nasceva 250 anni fa a Labastide-Fortunière il 25 marzo 1767.
Generale francese, re di Napoli e maresciallo dell'Impero con Napoleone Bonaparte. Ultimo di undici figli di una coppia di albergatori, i Murat Jordy, sposò la sorella di Napoleone Bonaparte, Carolina Bonaparte.
Murat era destinato alla carriera ecclesiastica ma amante della bella vita, aveva debiti ovunque e si arruolò nei "cacciatori delle Ardenne", ventenne, per evitare l'ira del padre, bello, istruito e intelligente si distinse, il suo carattere lo tradì e tornò nella casa della sua famiglia.
Sembrava che ormai di aver trovato la propria strada seguendo le orme paterne, cambiò idea, si arruolò di nuovo, questa volta nella guardia costituzionale di Luigi XVI. Caduta la monarchia entrò nell'esercito rivoluzionario e divenne rapidamente ufficiale. A Parigi a sostenere Napoleone e successivamente fu nominato generale. Partecipò attivamente al colpo di Stato del 18 brumaio (secondo mese del calendario della rivoluzione francese) 1799 e divenne comandante della guardia del Primo console. Sposò la sorella minore di Napoleone, Carolina Bonaparte, ebbe quattro figli. Eletto deputato del suo dipartimento, il Lot, fu poi nominato comandante della prima divisione militare e governatore di Parigi, maresciallo dell'Impero e finalmente re di Napoli.
Uomo sprezzante del pericolo, pronto ad attaccare anche quando la situazione era rischiosa e pericolosa: il coraggio non gli fece mai difetto. Sulla lama della sua sciabola aveva fatto incidere: L'onore e le donne. Non eccelleva nell'arte militare e nella strategia e questo incise molto sulla sua fine.
Ad esempio Napoleone s'infuriò un paio di settimane prima della battaglia di Austerlitz, presso Hollabrunn, quando l'armata russa di Kutuzov stava per essere accerchiata da quella francese e Murat sottoscrisse, senza averne i poteri, una tregua d'armi che fece saltare le strategie francesi, dando vantaggio ai russi.
Noto come "Gioacchino Napoleone", nel 1808 Bonaparte lo nominò re di Napoli, trono sottratto ai Borboni, fu ben accolto dalla popolazione e detestato dal clero. Murat introdusse nel regno il Codice Napoleonico, legalizzò, per la prima volta nella penisola, il divorzio, il matrimonio civile e l'adozione, il clero perse la facoltà di gestire le politiche familiari. Fu apprezzato da nobiltà per le carriere, dai letterati per l'Accademia Pontanina e dai tecnici per gli studi scientifici e industriali.
Scelse di non seguire Bonaparte sino all'ultimo. Nel trattato di alleanza firmato con l'Austria, Murat mostrò di non voler perdere il Regno di Napoli e preferì tradire Napoleone, incredulo. Dopo la disfatta di Waterloo, Murat, peccando proprio di quella mancanza di strategia, perse il regno di Napoli. Tornarono i Borboni.
Come commentò lo stesso Napoleone, tentò di riconquistare il Regno di Napoli con 250 uomini, quella terra che non riuscì a tenere quando ne aveva a disposizione 80 mila. Tradito dal capo battaglione, catturato dalla Gendarmeria Borbonica, fu condannato alla fucilazione e morì davanti al plotone di esecuzione con fermezza e coraggio.
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